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Iliade, Odissea, Eneide: migliori traduzioni in italiano?
(troppo vecchio per rispondere)
Miles Radisson
2007-09-29 14:47:12 UTC
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Salve,

è da tempo che mi dibatto in una ricerca che per adesso è stata
infruttuosa.

Quali sono le migliori traduzioni in italiano dell'Iliade, l'Odissea e
l'Eneide, quelle consigliabili a chi ha già letto quelle opere diverse
volte, magari in traduzioni "facilitate", magari in versi sciolti
(come per esempio l'Odissea tradotta dal Villa), ma che vuole leggere
una versione poeticamente più bella possibile, fedele alla sonorità e
al ritmo del linguaggio originale?

Non tutte le traduzioni sono disponibili nelle biblioteche che
frequento, e vorrei chiedere la vostra opinione, per fare un acquisto
oculato e senza rimpianti.

Traduzioni Iliade:
Rosa Calzecchi Onesti (Giulio Einaudi Editore, 1963 più volte
ristampata)
Giuseppe Tonna (Garzanti, 1974 più volte ristampata)
Maria Grazia Ciani (Marsilio Editori, 1990)
Giovanni Cerri (Bur, 1996)
Guido Paduano (Einaudi, Biblioteca della Pléiade, 1997)

Traduzioni Odissea:
Ippolito Pindemonte (1805!)
Ettore Romagnoli (Bologna, 1926)
Salvatore Quasimodo (Milano, 1945)
Rosa Calzecchi Onesti (1963 e 1989)
Emilio Villa (1964)
Giuseppe Aurelio Privitera

Traduzioni Eneide:
A. Caro
C. Vivaldi
Luca Canali
Mario Ramous
Vittorio Sermonti (2007)

Grazie
Miles Radisson
serena
2007-10-01 06:56:34 UTC
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Post by Miles Radisson
Salve,
è da tempo che mi dibatto in una ricerca che per adesso è stata
infruttuosa.
Quali sono le migliori traduzioni in italiano dell'Iliade, l'Odissea e
l'Eneide, quelle consigliabili a chi ha già letto quelle opere diverse
volte, magari in traduzioni "facilitate", magari in versi sciolti
(come per esempio l'Odissea tradotta dal Villa), ma che vuole leggere
una versione poeticamente più bella possibile, fedele alla sonorità e
al ritmo del linguaggio originale?
(...)
Qui mi par mancare la versione di Giovanna Bemporad.
Figura interessante, sulla quale giravano ai tempi d'oro della mia
università un bel po' di leggende metropolitane...
Serena
Lem Novantotto
2007-10-02 11:34:17 UTC
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Post by Miles Radisson
Quali sono le migliori traduzioni in italiano dell'Iliade
Monti. Il "traduttor dei traduttor d'Omero" andava forte.
http://it.wikisource.org/wiki/Iliade

| e tutto con attenti occhi spïando
| il bel corpo, pon mente ove al ferire
| più spedita è la via. Chiuso il nemico
| era tutto nell'armi luminose 410
| che all'ucciso Patròclo avea rapite.
| Sol, dove il collo all'omero s'innesta,
| nuda una parte della gola appare,
| mortalissima parte. A questa Achille
| l'asta diresse con furor: la punta 415
| il collo trapassò, ma non offese
| della voce le vie, sì che precluso
| fosse del tutto alle parole il varco.
| Cadde il ferito nella sabbia, e altero
| sclamò sovr'esso il feritor divino: 420
| Ettore, il giorno che spogliasti il morto
| Patroclo, in salvo ti credesti, e nullo
| terror ti prese del lontano Achille.
| Stolto! restava sulle navi al mio
| trafitto amico un vindice, di molto 425
| più gagliardo di lui: io vi restava,
| io che qui ti distesi. Or cani e corvi
| te strazieranno turpemente, e quegli
| avrà pomposa dagli Achei la tomba.
Post by Miles Radisson
l'Odissea
Pindemonte.
http://www.readme.it/libri/1/1001020125.shtml


| Solo, e in tal forma, Eurimaco rispose:
| "Quando il vero tu sii d'Itaca Ulisse
| Fra noi rinato, di molt'opre ingiuste,
| Che sì nel tuo palagio e sì ne' campi
| Commesse fûro, ti quereli a dritto.
| Ma costui, che di tutto era cagione,
| Eccolo in terra, Antìnoo. Ei dell'ingiuste
| Opre fu l'autor primo: e non già tanto
| Pel desiderio delle altere nozze,
| Quanto per quel del regno, a cui tendea,
| Insidïando il tuo figliuolo: occulte
| Macchine, che il Saturnio in man gli ruppe.
| Poiché morto egli giace, alla tua gente
| Perdona tu. Pubblica emenda farti
| Noi promettiamo: promettiam con venti
| Tauri ciascun e con oro e con bronzo,
| Quel vôto rïempir, che ne' tuoi beni
| Gozzovigliando aprimmo; in sin che il core
| Alla letizia ti si schiuda, e sgombri
| L'ira, onde a gran ragione arse da prima".
| Bieco mirollo, e replicògli Ulisse:
| "Dove, Eurimaco, tutte ancor mi deste
| L'eredità vostre paterne, e molti
| Beni stranieri vi poneste accanto,
| Io questa man non riterrei dal sangue,
| Che la vendetta mia piena non fosse.
| Or, qual de' due vi piacerà, scegliete,
| Combattere o fuggir, se pur v'ha fuga
| Per un solo di voi: ciò ch'io non credo".
Post by Miles Radisson
e l'Eneide
Caro.
http://it.wikisource.org/wiki/Eneide


| Allor gli occhi e la destra
| alzando in atto umilmente rimesso,
| e supplicante: «Io - disse - ho meritato 1505
| questa fortuna; e tu segui la tua;
| ché né vita, né vènia ti dimando.
| Ma se pietà de' padri il cor ti tange
| (ché ancor tu padre avesti, e padre sei),
| del mio vecchio parente or ti sovvenga. 1510
| E se morto mi vuoi, morto ch'io sia,
| rendi il mio corpo a' miei. Tu vincitore,
| ed io son vinto. E già gli Ausoni tutti
| mi ti veggiono a' piè, che supplicando
| mercé ti chieggio. E già Lavinia è tua; 1515
| a che piú contra un morto odio e tenzone?»
|
| Enea ferocemente altero e torvo
| stette ne l'arme, e vòlti gli occhi a torno,
| frenò la destra; e con l'indugio ognora
| piú mite, al suo pregar si raddolciva; 1520
| quando di cima all'omero il fermaglio
| del cinto infortunato di Pallante
| negli occhi gli rifulse. E ben conobbe
| a le note sue bolle esser quel desso,
| di che Turno quel dí l'avea spogliato, 1525
| che gli diè morte; e che per vanto poscia
| come nimica e glorïosa spoglia
| lo portò sempre al petto attraversato.
| Tosto che 'l vide, amara rimembranza
| gli fu di quel ch'ei n'ebbe affanno e doglia; 1530
| e d'ira e di furore il petto acceso,
| e terribile il volto: «Ah! - disse - adunque
| tu de le spoglie d'un mio tanto amico
| adorno, oggi di man presumi uscirmi,
| sí che non muoia? Muori; e questo colpo 1535
| ti dà Pallante, e da Pallante il prendi.
| A lui, per mia vendetta e per sua vittima,
| te, la tua pena, e 'l tuo sangue consacro».
| E, ciò dicendo, il petto gli trafisse.
| Allor da mortal gelo il corpo appreso 1540
| abbandonossi; e l'anima di vita
| sdegnosamente sospirando uscio.


Puoi leggerle integralmente in rete, gratis. Prova a vedere se ti
piacciono. :)
Post by Miles Radisson
fedele alla sonorità e
al ritmo del linguaggio originale?
Beh, non pretendiamo l'impossibile...
--
Bye, Lem
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Miles Radisson
2007-10-02 14:41:01 UTC
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Se può essere di aiuto, ho trovato questa recensione dal sito ibs.it.
Intanto ve la mando (Fonte e copyright: Boitani, P., L'Indice)


OMERO, Odissea (canti e frammenti)

OMERO, Odissea
recensione di Boitani, P., L'Indice 1994, n.10

Tre "Odissea" in meno di dieci anni: anche questa è l'Italia del
nostro ultimo scorcio di secolo. Nel 1986 finiva di uscire l'imponente
edizione della Fondazione Valla, con la bella traduzione in versi
liberi di G. Aurelio Privitera. Nel 1990, Giovanna Bemporad correggeva
una versione in endecasillabi pubblicata dalla Eri nel 1968 e nel
1970, e la rivedeva poi per l'edizione del 1992. Infine, nel 1994,
Maria Grazia Ciani ci offre una traduzione in prosa. È ben vero che
l'ultima traduzione divenuta canonica, quella di Rosa Calzecchi
Onesti, risale a più di trent'anni fa. Ma tre "Odissea" sono pur
sempre tante, e credo che l'editoria italiana abbia, nel merito, un
primato unico al mondo.

Cosa spinge gli editori a un investimento finanziario e culturale così
impegnativo? E cosa motiva i traduttori (le traduttrici) a uno sforzo
tanto rilevante, paziente, lungo nel tempo? Non c'è dubbio che la
risposta alla prima domanda vada ricercata nel gusto del pubblico. Il
pubblico gradisce l'"Odissea", la cerca, la compra, la legge. C'è un
tipo di pubblico in Italia (non c'è in Germania, in Francia, in
Spagna), colto ma non accademico, che prova un attrazione quasi
istintiva per il secondo poema omerico (assai minore per il primo,
l'"Iliade"); che sente, al solo menzionare Odisseo-Ulisse, un quieto
tuffo al cuore. Certo, l'emozione sarà in parte dovuta alla presenza
capillare di Ulisse nella cultura e nell'immaginario italiani, alla
memorabile reinvenzione dantesca del personaggio, alla formazione
umanistica che fino a non molto tempo fa le nostre scuole imponevano
ai giovani. Ma perché l'"Odissea", e non, per l'appunto, l'"Iliade", o
l'"Eneide"?

Perché, mi azzardo a proporre, l'"Odissea" incarna un sogno ben
lontano dalla verità, ma capace di farsi sentire come l'unico che
possa forse tradursi in realtà (non solo in Italia, ma forse qui in
modo particolare). Il poema è infatti soprattutto - come Maria Grazia
Ciani ed Elisa Avezzù sottolineano nell'illuminante discorso che
intrecciano fra introduzione e commento - la storia di un ritorno e di
un'attesa che durano ben vent'anni. Ritorno di Ulisse: tormentato da
mille pericoli e mille deviazioni, messo alla prova da terribili
seduzioni come quelle dell'oblio, della conoscenza e dell'immortalità
promesse rispettivamente dai Lotofagi, dalle Sirene e da Calipso,
eppure tenacemente perseguito con astuzia e fatica, a costo
addirittura della propria identità (il Nessuno inventato per sfuggire
a Polifemo, diviene realmente tale quando Odisseo approda, nudo e
incrostato di sale, all'isola dei Feaci). Attesa di Penelope:
assediata, corteggiata e "violentata" dagli uomini; terrorizzata dai
sogni; impulsiva e dolente; ma anche forte, paziente, fedele, capace
di discriminazione e di astuzia - un modello di femminilità non
passiva, cuore, mente e sofferenze pari a quelle del marito.
L'"Odissea" è dunque in primo luogo la storia del progressivo
congiungersi di quel ritorno e di quell'attesa, la vicenda di una
riunione e di un riconoscimento che, procrastinati per ventidue canti
da invenzioni mostruose, commoventi, perturbanti, sublimi e odiose,
preparati da riunioni e agnizioni in crescendo, rimandati da
travestimenti e quasi-riconoscimenti, esplodono nel Libro XXIII.
Quando, dopo l'uccisione dei Pretendenti e delle ancelle infedeli, la
vecchia nutrice corre ad annunciare a Penelope che Ulisse è tornato, e
lei balza dal letto, si ferma, poi decide di scendere, e i due si
trovano seduti l'uno di fronte all'altra, e lei scruta il volto di
lui, immobile, incerta incredula, fin quando lui non rivela il segreto
del loro letto che lui stesso ha costruito nell'olivo e dall'olivo. E
allora a lei si sciolgono le ginocchia e il cuore, gli corre incontro
piangendo, gli getta le braccia al collo baciandogli il capo. Ed ecco,
Ulisse e Penelope si fanno una cosa sola prima ancora di godere
l'amore.

Rileggiamo il passo, nelle due traduzioni.

La Bemporad, che con forza straordinaria fa scoppiare l'emozione dalle
rotture e dalle riprese fra un verso e l'altro:

"Come appare desiderata ai naufraghi la terra,
se spezzò Poseidone la loro agile
nave, al largo spingendola con l'impeto
delle onde e il vento; pochi dal canuto
mare a riva si salvano, nuotando,
grumi di sale incrostano le membra;
sfuggiti a morte, toccano la terra
con gioia: tanto a lei desiderato
lo sposo era, a guardarlo, e non staccava
più le candide braccia dal suo collo".

La Ciani, con una prosa contente di profonda nostalgia:

"Come ai naufraghi appare, desiderata, la terra, quando in mare il dio
Poseidone distrugge la nave ben fatta, travolta dal vento e dalle onde
violente: in pochi scamparono al mare bianco di schiuma nuotando verso
la riva e, con il corpo incrostato di salso, lieti toccarono terra,
sfuggendo alla morte. Così agognato appariva a lei il suo sposo, e dal
suo collo non riusciva a staccare le candide braccia".

Penelope naufraga nelle braccia del naufrago per eccellenza, Ulisse,
ma assieme essi giungono a riva, a casa. Non sono, questa riunione e
questo riconoscimento, l'unica immagine terrena umana, palpabile,
possibile di un compimento e di una completezza, di una conoscenza che
nel momento migliore è riconoscimento e ri-conoscenza - insomma della
felicità e della pace? Forse anche a noi, che torniamo a casa ogni
giorno dal lavoro, dalla guerra, dalle traversie e dagli incantamenti
della vita, sono dati, qui ed ora, quel compiersi e quel riconoscersi,
quell'essere-assieme che pare quasi cosa divina ("riconoscere i cari"
fa dire Euripide a Elena, "è un dio").

Eppure noi non torniamo mai a casa. Noi, lo sappiamo, andiamo altrove,
a perderci, morendo, nel mondo delle ombre che Ulisse ha visitato: a
divenire "soffi" e "aliti" fra i tanti "sogni" di esseri umani che ci
hanno preceduto. Sì a casa ci attendono forse, se saremo pazienti,
saggi, astuti, e aiutati dagli dei, Penelope, Telemaco, Laerte,
Euriclea e tanti altri. Ma là, nell'Ade, c'è già nostra madre,
Anticlea, che invano cerchiamo di riabbracciare. E verso quella notte
s'avvia - mentre noi, distogliendo lo sguardo, ci asciughiamo una
lacrima - il cane Argo: che pure, dopo vent'anni, ha rivisto e
riconosciuto Ulisse.

L'"Odissea" ce lo ricorda, questo vuoto che mancherà sempre alla
nostra compiutezza. Ma offre al nostro sognare di essa un'immagine
così tangibilmente perfetta, così vicina alla nostra esperienza di
uomini, da fermare all'estremo limite la lunga notte come fa Atena con
l'alba che sta per irrompere sul pianto, sull'amore e sul sonno di
Ulisse e Penelope: "trattenne sull'Oceano Aurora, / non lasciando che
i rapidi cavalli, / messaggeri del giorno, ella aggiogasse: / Lampo e
Fetonte, i fulgidi puledri / che portano la dea sul trono d'oro". E
allora, perché stupirsi se, alle soglie del 2001, abbiamo tante
Odissee?
Lem Novantotto
2007-10-02 22:07:24 UTC
Permalink
Post by Miles Radisson
"Come appare desiderata ai naufraghi la terra,
se spezzò Poseidone la loro agile
nave, al largo spingendola con l'impeto
delle onde e il vento; pochi dal canuto
mare a riva si salvano, nuotando,
grumi di sale incrostano le membra;
sfuggiti a morte, toccano la terra
con gioia: tanto a lei desiderato
lo sposo era, a guardarlo, e non staccava
più le candide braccia dal suo collo".
Pindemonte:

| Come ai naufraghi appar grata la terra
| Se Nettuno fracassò nobile nave,
| Che i vasti flutti combatteano e i venti,
| Tanto che pochi dal canuto mare
| Scampâr nôtando a terra e con le membra
| Di schiuma e sal tutte incrostate, e lieti
| Su la terra montâr, vinto il periglio:
| Così gioìa Penelope, il consorte
| Mirando attenta, né staccar sapea
| Le braccia d'alabastro a lui dal collo.
--
Bye, Lem
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Miles Radisson
2007-10-03 09:10:01 UTC
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Per adesso sono d'accordo con te: la versione del Pindemonte è
senz'altro superiore, per sonorità, densità poetica, ritmo. Ma non
sono molto sicure sull'esattezza della traduzione. Ho paragonato
alcune parti del libro online di cui ci hai dato l'indirizzo, con la
versione del Villa che io ho, e c'è molto accordo. Ovviamente,
l'esattezza della traduzione dovrebbe essere il criterio più
importante.
serena
2007-10-03 15:21:44 UTC
Permalink
Post by Miles Radisson
Per adesso sono d'accordo con te: la versione del Pindemonte è
senz'altro superiore, per sonorità, densità poetica, ritmo. Ma non
sono molto sicure sull'esattezza della traduzione. Ho paragonato
alcune parti del libro online di cui ci hai dato l'indirizzo, con la
versione del Villa che io ho, e c'è molto accordo. Ovviamente,
l'esattezza della traduzione dovrebbe essere il criterio più
importante.
ma anche no.
Provare Lirici greci di Quasimodo per credere

Serena
drslump
2007-10-02 16:55:04 UTC
Permalink
On Sat, 29 Sep 2007 07:47:12 -0700, Miles Radisson
Post by Miles Radisson
Salve,
è da tempo che mi dibatto in una ricerca che per adesso è stata
infruttuosa.
Quali sono le migliori traduzioni in italiano dell'Iliade, l'Odissea e
l'Eneide, quelle consigliabili a chi ha già letto quelle opere diverse
volte, magari in traduzioni "facilitate", magari in versi sciolti
(come per esempio l'Odissea tradotta dal Villa), ma che vuole leggere
una versione poeticamente più bella possibile, fedele alla sonorità e
al ritmo del linguaggio originale?
Questa! Rosa Calzecchi Onesti (1963 e 1989)
Miles Radisson
2007-10-03 09:05:08 UTC
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Post by drslump
Questa! Rosa Calzecchi Onesti (1963 e 1989)
Potresti per favore mandarci la traduzione della Onesti di quei versi
del Libro XXIII di cui già abbiamo le versioni della Bemporad e del
Pindemonte?
Io invierò la versione del Villa a breve.
l***@gmail.com
2017-09-27 10:22:27 UTC
Permalink
Ciao, io ti posso consigliare a questo scopo la traduzione di Alessandro Fo per l'Eneide. In assoluto. Per le altre ci penso un po'
ciao
Post by Miles Radisson
Salve,
è da tempo che mi dibatto in una ricerca che per adesso è stata
infruttuosa.
Quali sono le migliori traduzioni in italiano dell'Iliade, l'Odissea e
l'Eneide, quelle consigliabili a chi ha già letto quelle opere diverse
volte, magari in traduzioni "facilitate", magari in versi sciolti
(come per esempio l'Odissea tradotta dal Villa), ma che vuole leggere
una versione poeticamente più bella possibile, fedele alla sonorità e
al ritmo del linguaggio originale?
Non tutte le traduzioni sono disponibili nelle biblioteche che
frequento, e vorrei chiedere la vostra opinione, per fare un acquisto
oculato e senza rimpianti.
Rosa Calzecchi Onesti (Giulio Einaudi Editore, 1963 più volte
ristampata)
Giuseppe Tonna (Garzanti, 1974 più volte ristampata)
Maria Grazia Ciani (Marsilio Editori, 1990)
Giovanni Cerri (Bur, 1996)
Guido Paduano (Einaudi, Biblioteca della Pléiade, 1997)
Ippolito Pindemonte (1805!)
Ettore Romagnoli (Bologna, 1926)
Salvatore Quasimodo (Milano, 1945)
Rosa Calzecchi Onesti (1963 e 1989)
Emilio Villa (1964)
Giuseppe Aurelio Privitera
A. Caro
C. Vivaldi
Luca Canali
Mario Ramous
Vittorio Sermonti (2007)
Grazie
Miles Radisson
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